giovedì 23 giugno 2011
sabato 18 giugno 2011
Perché Oro?
Il precedente post di apertura sull'argomento materiali era dedicato al metallo 'nobile' per eccellenza, l'oro, con caratteristiche generali e cenni storici tratti da Homolaicus.com.
Oggi vorrei aggiungere qualche pensiero sulle motivazioni che possono spingerci a scegliere un oggetto in oro piuttosto che in un altro materiale e considerare le valenze simboliche intrinseche di questo metallo.
Tradizionalmente l'oro è considerato il metallo più prezioso, perfetto, incorruttibile, l'immagine del sole, simbolo dei principi divini, segno della gloria terrena e celeste. In cinese lo stesso carattere chin designa oro e metallo. L'oro identifica lo splendore della luce, secondo le tradizioni dell'India è la luce minerale, ha carattere igneo, solare e divino. In certi paesi la carne degli Dei è fatta d'oro così come quella dei faraoni egizi. Nelle icone bizzantine l'oro è la luce celeste. L'oro-luce è generalmente simbolo della conoscenza, lo yang essenziale; per i Brahmana l'oro è immortalità e verità. In cina come in India si sono preparate droghe di immortalità a base di oro. Per gli Aztechi questo metallo è associato alla pelle nuova della terrra, simbolo del rinnovamento periodico della natura e Xipe Totec, divinità della pioggia e del rinnovamento, è anche il dio degli orafi; le vittime in suo onore venivano scorticate e i sacerdoti si rivestivano con la loro pelle tinta di giallo come l'oro.In Africa occidentale è il metallo regale.Con un grammo di oro si può fare un filo sottile come un capello e circondare un villaggio intero; metallo inalterabile, esoterico. In Grecia, nostra culla culturale, l'oro simboleggia fecondità, ricchezza, dominio, centro del calore-amore-dono, fuoco di luce-conoscenza-irraggiamento, segno della mente, e immortalità. Luce solare e conoscenza, simbolo del Cristo, luce, Sole, Oriente. Nella mitologia e nel folklore, il colore dorato è il colore della saggezza, delle abilità magiche, così come il colore della parte orientale.
Le immagini simboliche evocano, velandole, realtà superiori che non possono essere descritte e comunicate attraverso gli usuali schemi razionali e verbali, una forma di espressione metarazionale e metaverbale che, superando i lacci del linguaggio e della ragione, raggiunge lo spirito umano comunicando significati che la parola, spesso, non riesce ad esprimere.
Un valore simbolico, però, come si evince dagli esempi sopracitati, per un soggetto o per un'epoca non rappresenta sempre ugual valore per tutte le persone o per tutte le epoche. I contesti sociali o geografico-culturali o i periodi storici sono determinanti; quindi se da un lato tra simbolo ed osservatore si può ipotizzare una sorta di "risonanza", di vibrazione spirituale simpatetica determinata da fattori ancestrali e fortemente evocativi, dall'altro lato si deve tener presente anche il contesto in cui i simboli e i soggetti esistono.
Cosa accade se associamo, in maniera nemmeno scontata, l'oro alla gioielleria? Di che valenza si carica oggi questo materiale?
Il gioiello inteso come ornamento del corpo, può da solo essere esso stesso, puro oggetto, simbolo di un sentimento (amore, matrimonio, famiglia) o di uno stato di appartenenza (ceto sociale, classe religiosa o politica), simbolo culturale ma anche evocativo della memoria e del ricordo; un gioiello può essere l'espressione di uno stile, di un mood o trend o semplicemente pura vanità.
Il gioiello comunica diversi messaggi, lo fa essenzialmente attraverso il design, o la sua forma, e attraverso il materiale, diventando espressione di un mondo, o di un determinato contesto caratterizzato e caratterizzante, determinato da stili formali ed espressivi peculiari di un dato momento storico e contraddistinto dai materiali 'specifici' dell'epoca. Possono esserci, quindi, diversi codici espressivi, con un'insita attenzione al dettaglio e ai rapporti formali; codici che possono evocare miti, misteri, magie, riti o tradizioni, stile, eleganza o semplice equilibrio ritmico.
Certo è che l'ornamento vive nella nostra quotidianità e comunica il nostro mondo o le nostre categoria di appartenenza, chi siamo in parte o cosa decidiamo di voler dire o esprimere attraverso ciò che ci adorna oppure no. Un tempo monili d'oro erano esclusiva dei regnanti o delle persone di potere politico, spirituale, religioso; oggi indossare un oggetto in oro, o peggio, dorato, è cosa, generalmente comune o quanto meno, un'abitudine molto diffusa tra le persone di ogni genere. Ogni epoca ha espresso modi diversi, ma sostanzialmente simili, per distinguere le classi, le appartenenze, il gusto, e tocchiamo quindi il concetto del lusso; il lusso ha dunque rappresentato per molti anni lo status symbol per eccellenza, mentre ora è lo style symbol a prevalere, lo stile personale che spesso evita gli eccessi ostentativi. Contemporaneo è oggi trasmettere il proprio stile, a prescindere, spesso ma non sempre, dagli alti costi. Contemporaneità e tecnologia (rimando all'articolo Satus symbol oggi di Andrea Bressa).
Il valore simbolico dell'oro, che si è formato e trasformato nella storia, si è sedimentato, però, nel nostro inconscio collettivo, in quell'immaginario che rende un individuo membro della società in cui nasce. Il simbolo, per natura immediato, viene percepito a livello sensoriale senza decodifiche razionali, la coscienza lo vive in modo emotivo e quindi immediato senza farlo "transitare" per la parte razionale. Ecco, quindi, la sua importanza anche in un'epoca in cui, come simbolo e materiale-oggetto, questo metallo non appartiene direttamente al nostro vissuto ma si àncora come segno del passato ricostruendo una continuità con l'antico. Un gioiello dal basso valore progettuale ed estetico, quindi, quando è realizzato in oro, si veste comunque dell'aura donata da questo metallo. La bellezza di un oggetto-gioiello inizia a dipendere, così, dai nostri gradi di consapevolezza rispetto ad una sensibilità materica ed estetica. Diventerebbe interessante analizzare l'atteggiamento e le soluzioni dei vari Brand rispetto all'utilizzo di questo materiale (indipendetemente dalla generale crisi di mercato); interessante anche perché spesso le scelte di acquisto relative a un gioiello sono scelte di acquisto di un Brand e della sua mission.
Uno degli esempi di design più riusciti ed eleganti, da parte di aziende di rilievo, rimane senza dubbio B.zero1, nelle versioni pensate da Anish Kapoor per Bulgari ovviamente. L'anello, che rappresenta storicamente il Brand, progettato dallo scultore indiano in oro rosa e ceramica bianca e nera e oro rosa e acciaio.
Allora la domanda che pongo è questa, quanto si può parlare di style symbol quando nelle nostre scelte facciamo ricadere prodotti comunque di massa o, come nel caso di Bvlgari d'elite? Non sarebbe forse più interessante parlare di Individual Style e iniziare a operare scelte più distintive e personali? Scelte in cui gli oggetti tornino a espriemere e a comunicare un valore-simbolo realmente distintivo? Oggetti comunicativi nella forma e nella potenza della materia.
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Oggi vorrei aggiungere qualche pensiero sulle motivazioni che possono spingerci a scegliere un oggetto in oro piuttosto che in un altro materiale e considerare le valenze simboliche intrinseche di questo metallo.
Tradizionalmente l'oro è considerato il metallo più prezioso, perfetto, incorruttibile, l'immagine del sole, simbolo dei principi divini, segno della gloria terrena e celeste. In cinese lo stesso carattere chin designa oro e metallo. L'oro identifica lo splendore della luce, secondo le tradizioni dell'India è la luce minerale, ha carattere igneo, solare e divino. In certi paesi la carne degli Dei è fatta d'oro così come quella dei faraoni egizi. Nelle icone bizzantine l'oro è la luce celeste. L'oro-luce è generalmente simbolo della conoscenza, lo yang essenziale; per i Brahmana l'oro è immortalità e verità. In cina come in India si sono preparate droghe di immortalità a base di oro. Per gli Aztechi questo metallo è associato alla pelle nuova della terrra, simbolo del rinnovamento periodico della natura e Xipe Totec, divinità della pioggia e del rinnovamento, è anche il dio degli orafi; le vittime in suo onore venivano scorticate e i sacerdoti si rivestivano con la loro pelle tinta di giallo come l'oro.In Africa occidentale è il metallo regale.Con un grammo di oro si può fare un filo sottile come un capello e circondare un villaggio intero; metallo inalterabile, esoterico. In Grecia, nostra culla culturale, l'oro simboleggia fecondità, ricchezza, dominio, centro del calore-amore-dono, fuoco di luce-conoscenza-irraggiamento, segno della mente, e immortalità. Luce solare e conoscenza, simbolo del Cristo, luce, Sole, Oriente. Nella mitologia e nel folklore, il colore dorato è il colore della saggezza, delle abilità magiche, così come il colore della parte orientale.
Le immagini simboliche evocano, velandole, realtà superiori che non possono essere descritte e comunicate attraverso gli usuali schemi razionali e verbali, una forma di espressione metarazionale e metaverbale che, superando i lacci del linguaggio e della ragione, raggiunge lo spirito umano comunicando significati che la parola, spesso, non riesce ad esprimere.
Un valore simbolico, però, come si evince dagli esempi sopracitati, per un soggetto o per un'epoca non rappresenta sempre ugual valore per tutte le persone o per tutte le epoche. I contesti sociali o geografico-culturali o i periodi storici sono determinanti; quindi se da un lato tra simbolo ed osservatore si può ipotizzare una sorta di "risonanza", di vibrazione spirituale simpatetica determinata da fattori ancestrali e fortemente evocativi, dall'altro lato si deve tener presente anche il contesto in cui i simboli e i soggetti esistono.
Cosa accade se associamo, in maniera nemmeno scontata, l'oro alla gioielleria? Di che valenza si carica oggi questo materiale?
Il gioiello inteso come ornamento del corpo, può da solo essere esso stesso, puro oggetto, simbolo di un sentimento (amore, matrimonio, famiglia) o di uno stato di appartenenza (ceto sociale, classe religiosa o politica), simbolo culturale ma anche evocativo della memoria e del ricordo; un gioiello può essere l'espressione di uno stile, di un mood o trend o semplicemente pura vanità.
Il gioiello comunica diversi messaggi, lo fa essenzialmente attraverso il design, o la sua forma, e attraverso il materiale, diventando espressione di un mondo, o di un determinato contesto caratterizzato e caratterizzante, determinato da stili formali ed espressivi peculiari di un dato momento storico e contraddistinto dai materiali 'specifici' dell'epoca. Possono esserci, quindi, diversi codici espressivi, con un'insita attenzione al dettaglio e ai rapporti formali; codici che possono evocare miti, misteri, magie, riti o tradizioni, stile, eleganza o semplice equilibrio ritmico.
Certo è che l'ornamento vive nella nostra quotidianità e comunica il nostro mondo o le nostre categoria di appartenenza, chi siamo in parte o cosa decidiamo di voler dire o esprimere attraverso ciò che ci adorna oppure no. Un tempo monili d'oro erano esclusiva dei regnanti o delle persone di potere politico, spirituale, religioso; oggi indossare un oggetto in oro, o peggio, dorato, è cosa, generalmente comune o quanto meno, un'abitudine molto diffusa tra le persone di ogni genere. Ogni epoca ha espresso modi diversi, ma sostanzialmente simili, per distinguere le classi, le appartenenze, il gusto, e tocchiamo quindi il concetto del lusso; il lusso ha dunque rappresentato per molti anni lo status symbol per eccellenza, mentre ora è lo style symbol a prevalere, lo stile personale che spesso evita gli eccessi ostentativi. Contemporaneo è oggi trasmettere il proprio stile, a prescindere, spesso ma non sempre, dagli alti costi. Contemporaneità e tecnologia (rimando all'articolo Satus symbol oggi di Andrea Bressa).
Il valore simbolico dell'oro, che si è formato e trasformato nella storia, si è sedimentato, però, nel nostro inconscio collettivo, in quell'immaginario che rende un individuo membro della società in cui nasce. Il simbolo, per natura immediato, viene percepito a livello sensoriale senza decodifiche razionali, la coscienza lo vive in modo emotivo e quindi immediato senza farlo "transitare" per la parte razionale. Ecco, quindi, la sua importanza anche in un'epoca in cui, come simbolo e materiale-oggetto, questo metallo non appartiene direttamente al nostro vissuto ma si àncora come segno del passato ricostruendo una continuità con l'antico. Un gioiello dal basso valore progettuale ed estetico, quindi, quando è realizzato in oro, si veste comunque dell'aura donata da questo metallo. La bellezza di un oggetto-gioiello inizia a dipendere, così, dai nostri gradi di consapevolezza rispetto ad una sensibilità materica ed estetica. Diventerebbe interessante analizzare l'atteggiamento e le soluzioni dei vari Brand rispetto all'utilizzo di questo materiale (indipendetemente dalla generale crisi di mercato); interessante anche perché spesso le scelte di acquisto relative a un gioiello sono scelte di acquisto di un Brand e della sua mission.
Uno degli esempi di design più riusciti ed eleganti, da parte di aziende di rilievo, rimane senza dubbio B.zero1, nelle versioni pensate da Anish Kapoor per Bulgari ovviamente. L'anello, che rappresenta storicamente il Brand, progettato dallo scultore indiano in oro rosa e ceramica bianca e nera e oro rosa e acciaio.
Allora la domanda che pongo è questa, quanto si può parlare di style symbol quando nelle nostre scelte facciamo ricadere prodotti comunque di massa o, come nel caso di Bvlgari d'elite? Non sarebbe forse più interessante parlare di Individual Style e iniziare a operare scelte più distintive e personali? Scelte in cui gli oggetti tornino a espriemere e a comunicare un valore-simbolo realmente distintivo? Oggetti comunicativi nella forma e nella potenza della materia.
Bvulgari, B.zero1, anello in oro rosa e acciaio |
Bvulgari, B.zero1, anelli in oro e ceramica bianca o nera e oro e acciaio |
giovedì 9 giugno 2011
Oro
Allo stato puro l'oro è incorruttibile, cioè non arrugginisce, è eterno, inalterabile, omogeneo, facilmente trasportabile.
Solo intorno al 1700 si è scoperto il primo reagente dell'oro, una miscela di acido cloridrico e acido nitrico che poteva discioglierlo. Ma il suo mito non venne minimamente destabilizzato, anzi quasi a sottolineare la sua eccezionalità, al reagente venne attribuito il nome di "acqua regia".
Oggi conosciamo anche la solubilità dell'oro in cianuro di sodio (NaCN) e di potassio (KCN), che sta alla base del processo di cianurazione, con cui si separa l'oro dagli altri componenti e che alla fine del XIX sec. fece arricchire enormemente l'industria estrattiva sudafricana (da notare che le soluzioni cianuriche provocano serie scottature della pelle).
L'oro è anche un buon conduttore di calore e di elettricità: viene fuso alla temperatura di 1.064°C. La sua densità (peso specifico) è di 19,3 gr/cm3 e solo i metalli del gruppo del platino sono più pesanti dell'oro.
Insieme al rame e all'argento forma, all'interno del primo gruppo del sistema periodico di Mendeleev, un sottogruppo particolare di elementi aventi una composizione simile dell'atomo e di alcune proprietà chimiche: questo perché in natura l'oro spesso esiste insieme all'argento o al rame. Non a caso questi minerali hanno svolto funzioni di denaro.
Altre qualità chimiche dell'oro lo rendono invece simile a osmio, iridio e platino, i quali, insieme a rutenio, rodio e palladio, vengono definiti "nobili" per la loro inerzia chimica, che li rende inossidabili. Il più importante dal punto di vista economico è il platino.
Solo intorno al 1700 si è scoperto il primo reagente dell'oro, una miscela di acido cloridrico e acido nitrico che poteva discioglierlo. Ma il suo mito non venne minimamente destabilizzato, anzi quasi a sottolineare la sua eccezionalità, al reagente venne attribuito il nome di "acqua regia".
Oggi conosciamo anche la solubilità dell'oro in cianuro di sodio (NaCN) e di potassio (KCN), che sta alla base del processo di cianurazione, con cui si separa l'oro dagli altri componenti e che alla fine del XIX sec. fece arricchire enormemente l'industria estrattiva sudafricana (da notare che le soluzioni cianuriche provocano serie scottature della pelle).
L'oro è anche un buon conduttore di calore e di elettricità: viene fuso alla temperatura di 1.064°C. La sua densità (peso specifico) è di 19,3 gr/cm3 e solo i metalli del gruppo del platino sono più pesanti dell'oro.
Insieme al rame e all'argento forma, all'interno del primo gruppo del sistema periodico di Mendeleev, un sottogruppo particolare di elementi aventi una composizione simile dell'atomo e di alcune proprietà chimiche: questo perché in natura l'oro spesso esiste insieme all'argento o al rame. Non a caso questi minerali hanno svolto funzioni di denaro.
Altre qualità chimiche dell'oro lo rendono invece simile a osmio, iridio e platino, i quali, insieme a rutenio, rodio e palladio, vengono definiti "nobili" per la loro inerzia chimica, che li rende inossidabili. Il più importante dal punto di vista economico è il platino.
Essendo l'oro un metallo tenero, da solo non può essere impiegato nella fabbricazione di gioielli perché non ne verrebbe garantita la durata. Ecco la ragione per cui è sempre associato ad altri metalli che gli conferiscono la necessaria durezza: le varie combinazioni di oro con altri metalli si chiamano leghe.
I metalli più comunemente usati per rendere l'oro lavorabile in gioielleria sono il rame, l'argento, il palladio e pochi altri. La sapiente miscela di oro con altri metalli, fa assumere a quest'ultimo sfumature di colore diverse dall'originario giallo solare, infatti i colori che periodicamente si alternano alla ribalta della moda sono ottenibili mediante opportuni dosaggi nella formulazione della lega:
I metalli più comunemente usati per rendere l'oro lavorabile in gioielleria sono il rame, l'argento, il palladio e pochi altri. La sapiente miscela di oro con altri metalli, fa assumere a quest'ultimo sfumature di colore diverse dall'originario giallo solare, infatti i colori che periodicamente si alternano alla ribalta della moda sono ottenibili mediante opportuni dosaggi nella formulazione della lega:
Oro giallo: | argento e rame | |||||||||||||||||||||||||||||
Giallo pallido: | poco rame molto argento | |||||||||||||||||||||||||||||
Oro rosa: | molto rame poco argento | |||||||||||||||||||||||||||||
Oro rosso: | rame | |||||||||||||||||||||||||||||
Oro bianco: | palladio | |||||||||||||||||||||||||||||
Oro verde: | argento | |||||||||||||||||||||||||||||
Oro lilla: | alluminio | |||||||||||||||||||||||||||||
Oro blu: | cobalto |
Le leghe sono diverse sia in funzione dei metalli che vengono associati all'oro sia in funzione della quantità d'oro impiegato; il rapporto tra la quantità di oro e quella di altri metalli presenti nella lega si chiama titolo.
Il titolo è espresso in millesimi, è la quantità d'oro presente nella lega (unione con altri metalli) di cui è composto il gioiello in millesimi per grammo.
Il carato è un'unità di misura che corrisponde a 41.6 millesimi di grammo di oro nella lega. Ad esempio l'oro italiano che è praticamente sempre a 18 carati equivale alla presenza di 750 parti di oro contro 250 parti di altro metallo nelle 1000 parti della lega di cui è fatto il monile: appunto a 18 carati. In molti paesi si usa una caratura più leggera: si va dai 9 carati dei paesi poveri ai 14 di paesi come la Francia e l'Inghilterra. Ciò significa che un gioiello ha meno oro e, quindi, costa meno.
Qui di seguito sono indicati con entrambe le definizioni i titoli più comunemente usati per la realizzazione di gioielli:
8 carati = 333 millesimi di grammo
12 carati = 500 millesimi di grammo
14 carati = 585 millesimi di grammo
18 carati = 750 millesimi di grammo
22 carati = 916 millesimi di grammo
24 carati = 999 millesimi di grammo
12 carati = 500 millesimi di grammo
14 carati = 585 millesimi di grammo
18 carati = 750 millesimi di grammo
22 carati = 916 millesimi di grammo
24 carati = 999 millesimi di grammo
Il più usato è quello di 18 carati. Ma sui lingotti conservati nelle banche si trova anche il titolo 999.
La legge impone che su ogni manufatto d'oro il produttore apponga uno speciale punzone con il titolo della lega, della cui veridicità è completamente responsabile. I punzoni che, in Italia, obbligatoriamente devono apparire su ogni oggetto in oro sono: quello che si riferisce al titolo e quello che rappresenta il marchio di identificazione del fabbricante.
Una domanda commerciale: perché l’oro usato (rottame) vale meno del prezzo della giornata?
Perché il prezzo della giornata si riferisce all’oro puro, quindi ad oro che ha come titolo 999 millesimi, mentre gli oggetti che si trovano in commercio sono legati a 750 millesimi, quindi già per differenza di titolo il prezzo si abbassa.
Inoltre gli oggetti nel tempo perdono un po’ d’oro puro, quindi da 750 millesimi si può scendere anche a 740/730 millesimi.
E comunque va valutata sempre la quantità d'oro che effettivamente stiamo acquistando, non la lavorazione, che ha un valore a parte.
Perché il prezzo della giornata si riferisce all’oro puro, quindi ad oro che ha come titolo 999 millesimi, mentre gli oggetti che si trovano in commercio sono legati a 750 millesimi, quindi già per differenza di titolo il prezzo si abbassa.
Inoltre gli oggetti nel tempo perdono un po’ d’oro puro, quindi da 750 millesimi si può scendere anche a 740/730 millesimi.
E comunque va valutata sempre la quantità d'oro che effettivamente stiamo acquistando, non la lavorazione, che ha un valore a parte.
ORIGINE DELL'ORO
L'uomo iniziò a estrarre l'oro circa 6000 anni fa, nelle regioni in cui sorsero le prime civiltà antagonistiche, cioè nell'Africa settentrionale, in Mesopotamia, nella valle dell'Indo e nel Mediterraneo orientale.Questo ovviamente non significa che quando l'oro era in circolazione sotto forma di moneta non si consumasse, o non si siano perduti ingenti quantitativi d'oro. Si pensa anzi che almeno il 10% di tutto l'oro estratto sia andato irrimediabilmente perduto, o nei fondali marini o in tesori sepolti chissà dove, o polverizzato durante la lavorazione, consunto nell'impiego delle monete. Oggi addirittura il suo impiego nelle tecnologie più avanzate rende antieconomico il suo riutilizzo.
Se ne è estratto così tanto che l'attuale produzione mondiale (circa 2.400 tonnellate) aggiunge solo il 2% ogni anno a quella cifra.
Nell'Antico Egitto o nella Roma imperiale l'oro veniva estratto con mezzi non molto diversi tra loro: picconi di pietra o di bronzo, e sempre da schiavi di stato, in quanto le miniere o i giacimenti alluvionali erano generalmente monopolio statale (in certi casi potevano appartenere a corporazioni di sacerdoti).
Poteva capitare, come p.es. nel Sudan, che l'oro venisse estratto da cercatori liberi, i quali però dovevano allo Stato (in questo caso egizio) una certa quota delle quantità ricavate.
Anche lo Stato romano arrivò ad affittare a privati appezzamenti sul fiume Po, dove si trovava oro alluvionale, ma le quantità erano talmente scarse che nessun imprenditore riuscì mai ad arricchirsi in maniera spropositata. Il "vero" oro lo Stato romano lo estraeva nelle miniere spagnole.
In Italia i "salassi", provenienti dalla Val d'Aosta, sfruttarono a lungo anche la miniera d'oro di Vittimuli, nel territorio vercellese, ma i gestori, secondo una legge censoria, non potevano usare più di 5000 operai. Si scontrarono con lo Stato romano, perché volevano impadronirsi totalmente degli scavi, sicché in 40.000 furono assoggettati dagli eserciti di Terenzio Varrone, che poi li mise in vendita.
Significativo il fatto che quando si trovò oro nella Transpadana, il governo romano disattivò le miniere in virtù di un antico decreto del senato inteso a risparmiare tutte le miniere d'Italia, sfruttando quelle straniere.
Al tempo di Polibio (II sec. a.C.) presso Aquileia l'oro era così abbondante che folle di gens libera provenivano da tutta Italia, ma furono cacciate dalle popolazioni locali (i taurisci). Questo permise a Roma d'intervenire, anche perché in due mesi il metallo perse un buon terzo del suo valore in tutta la penisola italiana.
Generalmente l'oro veniva estratto in tre modi: col lavaggio della sabbia (zone aurifere superficiali); scavando dei pozzi (zone incassate nella roccia); con la frantumazione di costoni montuosi (zone morenico-rocciose): metodo, quest'ultimo, molto pericoloso, sia perché il fumo e il vapore soffocava gli operai, sia perché spesso si verificavano disastrose frane. Da notare il sistema idraulico dei romani, con cui si trascinava il materiale estratto, si ritroverà, secoli dopo, in California.
La condizione dei minatori era semplicemente spaventosa: gli schiavi dovevano lavorare nelle miniere fino a morirne. Qui infatti venivano mandati i ribelli, i detenuti, i condannati ai lavori forzati, i cristiani o le eccedenze di manodopera rispetto ai lavori agricoli, artigianali, domestici. Plinio il Vecchio racconta che chi lavorava nelle miniere spagnole non vedeva la luce del sole per mesi interi.
E pensare che l'oro, nella classificazione delle materie pregiate di quel tempo, veniva soltanto al decimo posto, preceduto dalle piume per i cimieri dei generali.
In effetti la coniazione della famosa moneta chiamata "aureo" inizia solo con Cesare, nel 49 a.C.: prima di allora lo si usava esclusivamente come ornamento, sia femminile che maschile (in quest'ultimo caso veniva utilizzato per le armi e gli equipaggiamenti militari, i cavalli, i copricapi, per vesti trionfali, corone, statue celebrative). Con l'oro i romani tramavano anche tessuti e tappeti, decoravano mobili, pareti interne, soffitti, vasellame...
Sotto Tiberio il vasellame d'oro massiccio da tavola venne vietato a tutti tranne che all'imperatore, ma con Aureliano (III sec. d.C.) se ne restituì quest'uso sfarzoso ai ricchi.
Nel mondo antico, prima della caduta di Roma, le due principali regioni produttrici di oro erano l'Egitto (insieme all'attuale Sudan) e la Spagna.
Gli egiziani iniziarono a ricavare l'oro dai fiumi, ma passarono ben presto ai giacimenti primari del Sudan, dell'Etiopia, dello Zimbabwe...(molto redditizie furono le miniere di Uadi Hammamat, presso il mar Rosso), arrivando a scavare fino a 100 metri di profondità e scoprendo vari metodi di estrazione, fusione e lavorazione, poi adottati da molte civiltà antiche. Diodoro Siculo, nel I sec. a.C., parla di un incredibile sfruttamento di manodopera gratuita, in cui erano coinvolti persino le donne e i bambini.
Le quantità dell'oro egizio erano talmente grandi da suscitare gli appetiti di tutti i conquistatori del III, II e I millennio a.C. Pur di averlo, i principi d'Assiria, Babilonia e di altri Stati del Medio Oriente erano disposti a offrire qualunque cosa: carri da guerra, armi d'acciaio, vasellame... Ma più che altro erano disposti a scatenare guerre devastanti.
E' ben documentata l'azione militare intrapresa, nel VII sec. a.C., dal re assiro Assarkhadon, che sconfisse e saccheggiò l'Egitto, portando molti tesori a Ninive, dove un secolo dopo furono depredati dai babilonesi e, nella seconda metà del VI sec. a.C., dai persiani di Ciro, il cui successore, Cambise, si spinse fin nel profondo sud dell'Egitto, ricco d'oro, nella speranza di ottenere qualcosa, ma vi perì col suo esercito.
Nel IV sec. a.C. tutto l'oro del mondo sembrava essere concentrato nei forzieri dei re persiani, almeno fino a quando non intervenne il macedone Alessandro Magno, che riuscì a sequestrarne circa 10.000 tonnellate (ivi incluso l'argento). Dopo la fine del suo impero, l'enorme tesoro si dissolse nei mille rivoli del cosiddetto "mondo civilizzato" di allora.
Tuttavia i principali diffusori dell'oro nel Mediterraneo, dalla metà del II millennio alla metà del I millennio a.C., non furono gli egizi ma i fenici.
Molto probabilmente dipese da loro la massiccia estrazione dell'oro nella penisola dei Pirenei, anche se solo coi romani, dopo la fine delle guerre puniche, ebbe un impulso decisivo.
Qui, inizialmente, lo si raccoglieva dalle sabbie rivierasche, ma quando si trovarono i giacimenti primari la produzione raggiunse i livelli dell'Egitto. Anzi, col tempo, si arrivò a dei picchi così elevati da restare ineguagliati sino al XIX sec.
Plinio il Vecchio, che si trovava in Spagna come alto funzionario, scrisse che nelle sole province di Asturie, Galizia e Lusitania si estraevano oltre 6,5 tonnellate d'oro ogni anno, che è la stessa quantità, all'incirca, di quella estratta oggi da paesi come il Messico o la Colombia.
Al tempo dei romani si estraeva oro anche in Gallia, nei paesi balcanici e in parte in Italia. Dalla Gallia Cesare portò tanto oro che il suo prezzo diminuì di 1/4 rispetto a quello dell'argento. E sotto Nerone, in zona dalmata, se ne estraevano oltre 16 kg al giorno.
Traiano, agli inizi del II sec. d.C., conquistò la Dacia di Decebalo e quindi le sue miniere d’oro in Transilvania, risanando in parte le dissestate finanze dell’impero.
Con il crollo dell'impero romano molto dell'oro saccheggiato finì in oriente e comunque per tutto il Medioevo ne rimase ben poco nei regni cosiddetti "barbarici".
E' curioso il fatto che di tutto il lavoro di migliaia di esperti artigiani, cioè gli orafi egizi, mesopotamici, minoici, greci ecc., ci sono arrivate solo pochissime cose, proprio perché per secoli si era ritenuto che il valore del metallo insito negli oggetti decorativi, sia religiosi che laici, fosse di molto superiore a quello artistico. Di qui le continue fusioni e rifusioni di questo metallo lavorato, spesso al semplice scopo di coniare monete circolanti. P.es. nei musei russi esistono pochissimi oggetti d'arte orafa precedenti l'invasione tartaro-mongola, semplicemente perché, dopo i saccheggi, furono completamente trasformati.
Un breve riferimento va fatto all'Antico Testamento, poiché qui la parola oro compare ben 415 volte, sin dal Genesi (2,10-12), ove si parla di una non meglio identificata regione di Havilah (Avila), ricca di oro (forse la parte centrale dell'Arabia Saudita).
Persino quando si parla di Abramo, lo si descrive come un personaggio arricchitosi anche con oro e argento (Gen 13,2).
In realtà nell'A.T. l'oro, pur svolgendo una funzione mercantile, conformemente al periodo in cui quei testi furono elaborati, cioè tra il II e il I millennio a.C., non viene mai usato come "denaro".
Non solo, ma per la Bibbia l'oro ha una semplice funzione sociale, non un'origine divina, per cui non è mai oggetto di culto, come invece lo diventa nelle religioni politeistiche delle società antagonistiche, dove la religione santifica l'oro perché la società da tempo lo considera molto prezioso.
Fonte: www.homolaicus.com
mercoledì 8 giugno 2011
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